Creatix LC 144 VF Manual do Utilizador Página 275

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ipso intelligente, ut puta in anima vel in angelo, et sic bene possunt et maxime comprehendi,
quia nihil melius intelligit homo de Deo quam quod est incomprehensibilis et infinitus. Et sic
debet intelligi Damasceni verbum ‘hoc solum etc.’. Tamen illa auctoritas Damasceni non
intelligitur secundum statum viae, quia in via quae sunt dicta de Deo affirmative minime
cognoscuntur, quae vero privative, maxime. E converso est in patria: quae dicuntur de Deo
secundum affirmationem maxime cognoscuntur, propter ipsam divinam essentiam quae in se
ipsa videbitur; minime vero quae secundum negationem, quia immensitas et huiusmodi non
cognoscentur nisi per quamdam privationem. Sed essentia ut essentia ibi videbitur per se
ipsam.
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L’obiettore, da cui peraltro Guerrico riprende le riflessioni sull’infinità scissa dalla semplicità,
aveva provato a rendere comprensibile anche l’infinità della potenza, benché avesse insistito
sulla non-infinità dell’essenza al fine di renderla comprensibile all’intelletto finito, giocando
sulle strutture logiche della teologia negativa: l’uomo non conosce ciò che Dio è, bensì ciò che
Dio non è; ma l’infinità è negazione della finitezza; dunque, l’uomo conosce l’infinità di Dio.
Guerrico non può concedere tale sillogismo, perché, essendosi preoccupato di negare l’infinità
all’essenza pur di renderla visibile pienamente all’intelletto umano, non potrebbe ammettere la
comprensione dell’infinità della potenza: così facendo, renderebbe insensata la negazione
dell’infinità dell’essenza (controsenso in cui cade l’obiettore) e riconoscerebbe una
comprensione piena anche della potenza divina, perdendo così la differenza tra la conoscenza
umana di Dio e quella che Dio ha di se stesso. Avendo individuato i pericoli in cui l’obiettore
incorre, il maestro distingue due modi di intendere l’in-finità, l’im-mensurabilità e l’in-
comprensibilità di Dio: in quanto sono in Dio stesso e in quanto pensati dall’uomo, ossia
ontologicamente e gnoseologicamente. Nel primo caso, tali attributi non sono com-prensibili,
perché l’uomo finito non potrebbe in alcun modo com-prendere l’infinità di Dio (l’operazione
teoretica della negazione dell’infinità dell’essenza è salva e con essa lo scarto tra la conoscenza
umana e quella divina, restando la potenza infinita incomprensibile); nel secondo caso, essi sono
comprensibili, perché, applicando la metodologia apofatica, l’uomo pensa ciò che Dio non è,
non-finito, non-misurabile, non-comprensibile. Si tratta di un procedimento meramente logico e
soggettivo, applicabile soltanto alla conoscenza umana in via. In patria, al contrario, l’intelletto
umano non avrà più bisogno di strutture logiche privative: esso, con il sostegno della grazia,
diventa in grado di conoscere l’essenza divina in se stessa, affermativamente, nella sua nuda
realtà.
La solutio di Guerrico si conclude con la risposta all’ultimo quesito riguardante la
presenza dell’essenza divina nelle creature. L’obiettore rispondeva affermativamente
puntualizzando tuttavia che l’essenza divina è presente nelle cose non come essenza, bensì come
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GUERRICUS, Quaestio III, ed. Guyot cit., p. 242,174-187.
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