Creatix LC 144 VF Manual do Utilizador Página 268

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dalla luce sovrannaturale della gloria (lumen gloriae) che supplisce al difetto della natura. Stando
a questa interpretazione, le premesse gnoseologiche di Guerrico, mentre sono in accordo con
quanto detto nelle quaestiones I e II, non sono conciliabili con la quaestio III. Ricordiamo infatti
che, per Guerrico, circa le cose di grazia, ossia gli enti sovrannaturali, l’uomo non può che avere
una conoscenza ricevuta: l’assenza di comparatio tra l’uomo e il trascendente impedisce
qualsivoglia cooperatio, ragion per cui all’uomo non resta che ricevere dall’alto informazioni
rivelate, impossibilitato com’è a operare attivamente per costruirsi un bagaglio conoscitivo che
abbia per oggetto ciò che gli è superiore. Da tale premessa si deduceva coerentemente che
l’anima beata, e con essa l’anima di Cristo in quanto vero uomo, non può vedere Dio così com’è
(essentia), ma soltanto nel suo apparire (potentia), laddove il mostrarsi di Dio è inteso come un
dare comunicazioni che il soggetto conoscente recepisce e riceve. Nel divenire visibile
dell’essenza divina, tale schema gnoseologico crolla: se l’uomo vede Dio così com’è, nella sua
essenza, non è più Dio a mostrarsi, ma l’uomo a muoversi verso di Lui; di conseguenza, la
creatura non riceve più alcuna conoscenza, ma la produce attingendo la statica essenza divina. In
questo attingere, l’uomo è preso per mano dalla grazia nella disposizione della gloria: la grazia
non comunica all’uomo delle nozioni, ma lo aiuta nella produzione attiva di conoscenza. Così,
l’impossibilità di co-operatio non è più sostenibile, perché l’uomo co-opera con la grazia divina
per conoscere la quiddità di Dio. Nella retractatio Guerrico avrebbe dovuto modificare le
premesse gnoseologiche; non solo non compie tale operazione, ma, chissà se coscientemente o
meno, continua a usare una terminologia (relativa alla ricezione) non più appropriata. La risposta
che stiamo commentando, oltre alla parola accipientis, presenta un altro problema, relativo
all’espressione alius plus alius minus. Come sopra esposto, la condanna del 1241 aveva per
oggetto, oltre alla proposizione riguardante l’essenza come oggetto della visione, anche quella
secondo cui le anime che posseggono maggiori doti naturali godranno di una grazia e di una
gloria altrettanto maggiori. Se in un’altra risposta, come vedremo, Guerrico mostrerà di aver ben
compreso la lezione della condanna a tal proposito, qui sembra sostenere proprio la proposizione
condannata: affermare che le anime avranno una maggiore o minore visione (alius plus alius
minus) a seconda della loro capacità di ricezione (secundum plenitudinem accipientis), mettendo
da parte il problema relativo alla ricezione di cui abbiamo già discusso, significa ammettere che
la qualità della visione sarà proporzionale alla bontà della propria natura. Il maestro domenicano
giunge a tale conclusione nel tentativo di giustificare la varietà della visione ex parte videntis,
piuttosto che ex parte visi (ammesso e non concesso che fosse necessario ammettere una
molteplicità della visio in patria), e così incorre in un errore, ancora una volta non sappiamo se
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