
143
spirituali
145
. Nel XIII secolo, non è inferto alcun colpo mortale al senso mistico, né si scopre,
come se fosse un’originalità, l’importanza del senso letterale: piuttosto tutto procede come
sempre, conformemente alla tradizione. Ciononostante, è lo stesso De Lubac ad ammettere che
qualcosa pur accade, quando scrive, a proposito di Tommaso d’Aquino, che «la piccola offerta
portata da lui al vasto tesoro del simbolismo medievale appare ben modesta rispetto a quella dei
grandi allegoristi», aggiungendo successivamente che «a cose fatte, ci può certamente dispiacere
che non abbia cercato maggiormente di colare il suo pensiero nello stampo dei quattro sensi: vi
avrebbe guadagnato nel presentarsi più storico e più cristologico»
146
. Gli interrogativi che
seguono il ragionamento sono retorici, ma avrebbero meritato un tentativo di risposta
maggiormente approfondito: «Ma un tale rincrescimento non è chimerico? L’impresa era ancora
immaginabile?»
147
. La risposta è ovviamente negativa, ma perché? Perché l’impresa non era
immaginabile? Evidentemente qualcosa era cambiato. Ma cosa?
Verger ribadisce, seguendo De Lubac, che «il senso spirituale non era», per gli autori del
XIII secolo, «né un ornamento esteriore né un senso ‘adattato’, in modo più o meno felice, per
illustrare un’affermazione dottrinale», ma piuttosto «era per loro de necessitate scripturae,
elemento costituito della stessa verità della Scrittura e voluto da Dio»
148
. Lo studioso francese,
tuttavia, è costretto ad ammettere quel che De Lubac non aveva ammesso: «L’interesse per
l’esegesi spirituale era nato in un contesto pastorale (la catechesi patristica), poi monastico.
L’ambiente delle scuole e dell’università non la favoriva; le preoccupazioni proprie
dell’insegnamento – esposizione razionale, argomentazione logica – mal si adattavano alle
approssimazioni di questo genere di commento»
149
. Verger giunge così a conclusioni simili a
quelle della Smalley, dalle cui esagerazioni aveva scritto di voler prendere le distanze, e parla
apertamente di «declino del commento spirituale», pur aggiungendo che tale declino è stato «più
subito che voluto dagli autori universitari del XIII secolo». L’esegesi spirituale veniva ancora
praticata, «ma non è questo il punto forte» dei commenti universitari
150
.
Dahan, pur non entrando nel merito della discussione tra la Smalley e De Lubac, sostiene
un sostanziale equilibrio, nell’esegesi universitaria, tra senso letterale e senso spirituale:
«L’exégèse du XIII siècle prend en compte la complexité du sens littéral ainsi défini. Davantage:
elle semble vouloir élargir le champ de la lettre; en réalité, elle ne fait qu’en souligner la
145
Cfr. DE LUBAC, Exégèse médiévale cit. (alla nota 5), pp. 263-325; tr. it., pp. 325-400.
146
Ibid., p. 300; tr. it., p. 369.
147
Ibidem.
148
VERGER, L’exégèse de l’Université cit. (alla nota 8), p. 208; tr. it. p. 104.
149
Ibid., pp. 209-210; tr. it., p. 107.
150
Ibid., p. 210; tr. it., p. 107.
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