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patria, invece, potrà accadere di vedere il Dio incorporeo con gli occhi del corpo (incorporeum
Deum omnia regentem etiam per corpora contuebimur). Tuttavia, ciò non può essere dimostrato,
neanche appellandosi all’autorità scritturale; circa la visione del corpo è impossibile uscire
dall’ambito della probabilità. È possibile però affermare con certezza che, con gli occhi dello
spirito (spiritu), Dio sarà visto in se stesso (in se ipso). È da notare che, secondo Agostino,
nell’eternità la modalità di visione di quaggiù non andrà completamente perduta. Essa resterà,
ma vi si aggiungerà la visione piena e perfetta. Nella patria continueremo a vedere Dio nelle
creature (a singulis nobis in singulis nobis, ab altero in altero, in omni creatura, per corpora in
omni corpore), ma avremo un’opzione in più: la visione di Dio in se ipso.
Dai testi esaminati di Agostino, gli stessi citati nelle dispute presenziate da Guerrico di
Saint-Quentin, emerge che l’affermazione della pienezza e chiarezza della visione di Dio in se
stesso non esclude i limiti ontologici e gnoseologici che accompagnano la creatura anche al
cospetto del Creatore. Tale ineliminabile imperfezione non impedisce all’anima beata di vedere,
ma lo consente nei limiti delle sue possibilità. Dondaine e Trottmann, nel fare di Agostino
l’apripista della cosiddetta tradition latine sul tema della visio beatifica, ne forniscono una
lettura fin troppo ottimistica, tanto da non prendere in considerazione quei limiti che l’Ipponate
pur ammette nel riflettere sulle modalità della visio Dei
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.
1.2 Giovanni Crisostomo
L’atteggiamento complessivamente positivo di Agostino non si riscontra nel pensiero del
greco Crisostomo. Il testo con cui Guerrico costantemente si confronta è l’Omelia 15 sul
Vangelo di Giovanni. Provando a risolvere l’apparente contraddizione tra Jo 1, 18 (Deus nullus
vidit unquam) e le varie descrizioni scritturali delle visioni di Dio avute dai profeti, il Crisostomo
scrive:
Qualiter Iohannes dixit: Deum nemo vidit unquam? Ostendens quoniam omnia illa [scil.
visiones] condescentionis erant, non ipsius substantie nude visio. Si enim ipsam vidissent
[scil. prophete] naturam, nequaquam differenter eam considerassent: simplex enim quedam
est et infigurabilis hec et incomposita et incircumscriptibilis. Non sedet, neque stat, neque
ambulat: omnia enim hec corporum. Qualiter autem est, ipse novit solus. Et hoc per
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Cfr. DONDAINE, L’objet et le ‘medium’ de la vision béatifique cit. (alla nota 1), pp. 62-63; cfr.
T
ROTTMANN, La vision béatifique cit. (alla nota 2), pp. 54-67.
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